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19 maggio 2017
Redazione ABC
In un post precedente abbiamo visto come scrivere per il web attraverso un decalogo dettagliato. I contenuti di qualità, su Internet, pagano sempre.
Eppure da qualche anno tutti, anche i siti di informazione più importanti come Repubblica.it e Corriere.it hanno ceduto al clickbait (o clickbaiting). Di cosa si tratta?
Letteralmente significa "esca da clic" e rende l'idea di un'azione finalizzata a "tirare su" qualcosa. In questo caso: utenti che cliccano su una notizia. O meglio, il titolo sensazionalistico. Perchè è di questo che si tratta e su questo si basa la prassi: attirare l'attenzione dell'utente attraverso parole che incuriosiscano, sconvolgano, scandalizzino, eccitino, facciano paura e preoccupino. Il titolo anticipa rivelazioni che poi, nell'articolo, non ci sono. Siamo quindi ai confini della bufala. Si tratta di contenuti di bassa qualità creati solo ed unicamente per incassare clic. Perchè? Per aumentare i numeri del proprio sito e vendere pubblicità. E fare soldi.
Tra le forme più diffuse:
Tra quelle meno aggressive ci sono giornali che, in casi di eventi catastrofici, non esitano a pubblicare foto e video. A volte lasciando intendere ci sia qualcosa di macabro che poi, tra l'altro e per fortuna, non si trova. Un esempio? "Onda anomala contro una nave. FOTO" e poi nei contributi fotografici si trovano solo immagini della nave al porto.
Facebook ha preso il problema molto seriamente e ha introdotto accorgimenti per bloccare il clickbaiting:
Sopra, i verbi del titolo la dicono lunga sulle intenzioni sensazionalistiche di chi l'ha scritto.
Nella notizia sopra si preannuncia un thriller. La curiosità dell'utente è stimolata ai limiti della violenza.
Sopra: la parola "orrore" rende questo titolo un esempio perfetto di "clickbaiting"
Sopra: chissà come sarà vestita l'ex Ministro Boschi per giustificare questo titolo. Risposta: in nessun modo scandaloso. E se anche fosse, non esiste il nesso con l'ex capitano del Milan.
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